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GALLIPOLI | Gigli e rose bianchi. Palloncini al vento, e quattro lettere dell’alfabeto: «Roby». Sono stati fatti volare in aria al momento dell’uscita dalla chiesa. E poi tante, tante lacrime. Quelle degli amici e della famiglia, e di chi l’aveva conosciuta. Se n’è andata così, nel giorno dell’ultimo saluto, Roberta Izzo, la ragazza 17enne di Gallipoli morta a seguito di un incidente stradale provocato, forse, dal suo amico Alessandro Tricarico, attualmente indagato per omicidio colposo dalla Procura di Lecce e ricoverato per un trauma cranico nell’ospedale «Sacro Cuore di Gesù».
Un migliaio di persone ha seguito la bara della giovane Roberta. C’erano anche i compagni di scuola radunati nella chiesa di San Lazzaro a Gallipoli, partendo da via 20 settembre, dove abita la famiglia, la madre, Elvira Barba e il padre. Indosso una maglietta bianca e un paio di jeans, tutti uguali, tutti contrassegnati da una frase di Francesco De Gregori (La donna cannone), «E senza dire parole nel mio cuore ti porterò…». La cerimonia è stata celebrata dal parroco della chiesa gallipolina, don Santo Tricarico, che prima ha letto il Vangelo di Luca, il testo in cui si parla della guarigione della figlia di Giàiro, «uno dei capi della sinagoga» che si rivolse a Gesù Cristo chiedendogli di imporre le mani alla figlia dodicenne senza vita, «perché sia guarita e viva».
«Dio chiama i fiori più belli per non farli appassire», ha detto il sacerdote nell’omelia, rifacendosi alle parole di Sant’Agostino. Don Santo si è rivolto ai più giovani dicendo di stare attenti a non sciupare la propria esistenza, spiegando che la vita è il dono più grande. Poi si è rivolto a tutti coloro che le volevano bene dicendo che «la morte non esiste, e che ora Roberta vive nei volti di tanti giovani delusi da un’esistenza misera», fragile, qual è la natura umana. E poi ha concluso, ringraziandola «per il sorriso e per le parole» che Roberta rivolgeva alle persone che incontrava, come i compagni del liceo classico «Dante Alighieri» di Casarano. Qualche gesto di conforto lo ha avuto anche don Salvatore Leopizzi, che pure si trovava al fianco di don Santo nella celebrazione della messa, e che al momento della pace ha dato una carezza a ognuno dei componenti della famiglia.
Sull’ingresso della chiesa, alla destra, un cartellone colorato porta il titolo «Don’t stop me now», come dicevano i Queen, altro gruppo preferito di Roberta. E sotto al titolo, appiccicati a mo’ di collage, tantissime fotografie, di Roberta sorridente, allegra, spensierata, così com’era nella vita e nel ricordo degli amici. Sulla destra del feretro, in prossimità dell’altare, c’è invece un cavalletto con sopra una tela, sul quale è stato messo un vestito, di una stoffa quasi principesca, perché nell’effige è raffigurata Roberta con una corona in testa, e un’inquadratura a mezzo busto. E «lei era proprio così», raccontano gli amici, «una ragazza dolcissima e cordiale con tutti». Una dall’animo nobile.
Lunedì 31 ottobre 2011
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