di Valentina Castelli
LECCE | «Scaramau» e la «zia» sconteranno, congiuntamente, una pena di 39 anni. Stiamo parlando di Salvatore Caramuscio, 43enne di Surbo e sua moglie Simona Sallustio, 42enne di Lecce, entrambi coinvolti, secondo il pubblico ministero Guglielmo Cataldi, nelle vicende che portarono all'apertura dell’operazione «Remetior», datata 16 luglio 2011, durante la quale vennero arrestate 19 persone dalla squadra mobile di Lecce. Lunghissima la ricerca che aveva condotto all'arresto del capo della Scu Caramuscio, fermato solo nel 2009 a Cassano delle Murge. L'uomo, da oltre sei mesi compariva nella lista dei 100 latitanti più pericolosi ed era stato già condannato per un ergastolo.
LE CONDANNE | Le ordinanza di custodia cautelare vennero emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, Antonio Del Coco, su richiesta del sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Lecce, Guglielmo Cataldi. Pesanti le condanne, tanto che complessivamente i 15 imputati hanno raggiunto la somma di 148 anni di carcere: 16 anni a Giosuè Primiceri detto «Gegè», 49enne di Trepuzzi. Il giudice per l'udienza preliminare, Nicola Lariccia, condannò Antonio Caramuscio detto «Scaramau» o «Uno», 37enne di Surbo a 8 anni e 2 mesi; Alessandro Ancora chiamato «Capurossa» o «Capu te Bomba» e Pietro Rampino a 13 anni e 6 mesi; Leandro Ruggieri detto «Il Nipote», 32enne di Trepuzzi a 12 anni; Luca Spagnolo a 11 anni e 8 mesi; Gianluca Pepe, detto «Pesciolino», Riccardo Buscicchio e Salvatore Perrone, detto «Friculino», a 7 anni e 9 mesi; Vincenzo Caretto, detto «Golia», Cosimo Miglietta, nominato «Il Due», Gianni Dolce, detto «Lu Panza», di Lizzanello a 8 anni; Stefano Ciurlia a 4 anni e 8 mesi; Stefano Elia, di Torchiarolo, e Marco Malinconico di Lecce a 7 anni e 6 mesi.
LA CHIAVE | Il clan criminale era fortemente ramificato nella zona di Lecce, Surbo, Squinzano e Trepuzzi. Qui i malavitosi avevano dato vita ad una complessa attività criminosa comprendente l'esercizio dei reati di usura, estorsione, detenzione di armi da fuoco, gestione di bische salentine e traffico di droga, in particolare di cocaina e hashish. Chiave di volta nella comunicazione intercorrente tra i diversi affiliati, una sorta di «Tavola Pitagorica», ossia diversi codici di decrittazione relativi ad un gruppo di schede telefoniche appartenenti a Caramuscio. E poi numeri intestati a terze persone, del tutto estranee al clan, in modo tale da sviare gli investigatori; a Buscicchio il compito di trovare i telefoni e ricomporre il puzzle delle diverse sim card. La famosa Tavola è stata rinvenuta a casa di Gegè a prova schiacciante del giro malavitoso del clan. Durante gli arresti gli agenti sequestrarono un’imbarcazione, un terreno di 8mila metri quadri, macchine, moto e un allevamento di cavalli per un valore totale di 500mila euro.
RITO ORDINARIO | Salvatore Caramuscio e sua moglie Simona Sallustio sono gli unici all'interno del processo ad aver scelto il rito ordinario. Il pubblico ministero Guglielmo Cataldi ha chiesto oggi 30 anni per il capo della Scu e 15 anni per la moglie. La sentenza definitiva è stata emessa alle 17,15, dopo 4 ore di attesa, dal giudice del tribunale di prima sezione Stefano Sernia, a latere Silvia Minerva e Anna Capano, che ha riconosciuto 26 anni a Caramuscio e 13 alla Sallustio. I due coniugi rappresentati dall’avvocato Pantaleo Cannoletta chiederanno l’appello per una sentenza ritenuta da loro «molto ingiusta».
Mercoledì 23 novembre 2011
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