di Caterina Sabato
LECCE | È un Maritati agguerrito quello che si è presentato questa mattina alla conferenza stampa tenutasi nella sua segreteria politica. Incontro organizzato dalla stesso senatore della Repubblica, ed ex magistrato, per chiarire la sua posizione in merito alle dichiarazioni dell'attuale procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Antonio Laudati, sull’inchiesta Tarantini. Non è, infatti, andato giù ad Alberto Maritati quanto affermato da Laudati in una relazione inviata al Consiglio superiore della Magistratura, secondo il quale l’ex magistrato leccese avrebbe chiesto informazioni sul caso Tarantini al pm Giuseppe Scelsi che conduceva le indagini preliminari sul traffico di droga gestito dall’imprenditore barese.
«Leggere queste dichiarazioni sui giornali mi ha profondamente turbato», ha dichiarato Maritati, «e in quanto estraneo a tutto quello che è stato riportato dalla stampa, spero non effettivamente dal procuratore Scelsi, ho sentito il bisogno di spiegare personalmente come sono andati i fatti».
Tutto è cominciato solo poche settimane prima che i media parlassero dell’inchiesta sul traffico di stupefacenti e sui festini organizzati da Tarantini per il premier Silvio Berlusconi. Roberto De Santis, militante del Pd, partito al quale è iscritto Maritati, chiese un incontro all’ex magistrato perché profondamente preoccupato del suo eventuale coinvolgimento in un’inchiesta che vedeva indagato una sua conoscenza. Stiamo parlando appunto di Gianpaolo Tarantini.
«De Santis si mostrò terrorizzato rispetto all’eventualità che il suo nome potesse essere inserito in un contesto legato al traffico di stupefacenti sebbene lui fosse del tutto estraneo a quei fatti - ha spiegato Maritati - considerai la sua preoccupazione comprensibile dal momento che spesso accade che anche persone del tutto estranee vengano coinvolte nelle notizie di cronaca giudiziaria».
Maritati temeva che il nome dell’amico potesse comparire sui giornali ed essere confuso tra coloro che erano connessi al traffico e uso di droga. Ma non capiva il motivo per il quale De Santis si era rivolto proprio a lui per chiedere aiuto: semplicemente perché gli era noto il vecchio rapporto di amicizia tra lui e il pubblico ministero titolare delle indagini, Giuseppe Scelsi, appunto. «La richiesta che mi fece De Santis fu quella di chiedere di essere tutelato da Scelsi nell’eventualità che il suo nome venisse coinvolto ingiustamente in quelle vicende di droga», ha continuato Maritati.
Il senatore si recò così dal vecchio amico per raccomandarlo di proteggere De Santis, naturalmente nell’eventualità che fosse estraneo ai fatti. Scelsi all’inizio non capiva di quale indagine stesse parlando ma quando Maritati gli riferì che si trattava dell’inchiesta su un certo Tarantini o Tarantino, a quel punto il magistrato lo zittì dicendo: «Di questo Alberto non possiamo neppure parlare». L’incontro terminò così, con tanto di scuse da parte di Maritati che chiamò subito De Santis per comunicargli che l’incontro non era andato a buon fine.
«Questa è stata la seconda chiamata che ho fatto a De Santis, la prima è stata prima dell’incontro con Scelsi, perché non ricordavo se l’indagato si chiamasse Tarantino o Tarantini» ha dichiarato Maritati. Dopo una settimana da questo incontro (era l’inizio del 2009) furono pubblicate sui giornali le dichiarazioni di Patrizia D’Addario, delle frequentazioni di altre escort a Palazzo Grazioli e del coinvolgimento di Tarantini. Alberto Maritati ritenne opportuno inviare un messaggio all’amico Scelsi, rendendosi conto di aver toccato un argomento giudiziario molto delicato. Ironicamente gli chiese il motivo per il quale con lui era stato «blindato» mentre dopo una settimana tutti i giornali ne parlavano. La sua risposta fu laconica: «Della pubblicità cui alludi non sono certo il responsabile». Da quel momento in poi il senatore non ha più visto né sentito Scelsi.
«Se mi chiedete perché, secondo me, Scelsi ha riferito che io ho chiesto informazioni sull’inchiesta Tarantini non so rispondervi - ha confessato Maritati - Mi rammarica pensare che un amico possa aver pensato che in realtà, dietro quella mia richiesta ci fosse altro, che volessi davvero avere informazioni su quell’indagine. Io metto a disposizione il mio cellulare per dimostrare che non ho niente da nascondere, che sono completamente estraneo a questa vicenda».
E continua: «Dopo le dichiarazioni di Laudati sono stato anche accusato di complotto, insieme a Scelsi, ai danni di Berlusconi. Ignoro il contenuto completo della relazione di Laudati e sarà mia cura chiederne copia agli organi competenti per difendere la mia dignità».
Lunedì 10 ottobre 2011
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