Lecce | Sono del 30% le vertenze del settore turismo denunciate dai sindacati Cgil filcams
«Bisogna che gli imprenditori del turismo riflettano su questo dato: puntare alla qualità delle condizioni di lavoro e combattere il precariato»
LECCE | «Sono state del 30 per cento le vertenze nel settore turismo» denunciano Cgil e Filcams. È vero, l’estate si è protratta fino alle prime settimane di settembre con il conseguente entusiasmo degli imprenditori del turismo salentino, che hanno promesso di protestare e mobilitarsi affinché la Regione Puglia cambi la delibera regionale che dispone la chiusura dei lidi il 30 settembre. Qualcuno vorrebbe addirittura che l’estate durasse tutto l’anno con la loro conseguente apertura.
«Non è nostra intenzione affievolire l’entusiasmo di chi vive di turismo in una provincia così fiorente come quella di Lecce - spiegano dai sindacati - Apprezziamo il successo del settore turistico, ma i dati sulle condizioni di lavoro nero dei dipendenti di questa particolare fetta sono sconcertanti e tenderanno ad aumentare». «In Italia il 35 per cento dei lavoratori del turismo è in nero o con contratti irregolari» avverte il sindacato. Quindi «prima di rallegrarsi dell’aspetto quantitativo del turismo, il profitto, bisogna guardare la qualità delle condizioni di lavoro dei dipendenti». Nel Salento la situazione è la stessa: nel mese di settembre le vertenze individuali arrivate al sindacato sono 109 in tutto. Ma 32 sono quelle del settore ristorazione e accoglienza. Questo dato «deve far riflettere necessariamente».
«Troppo spesso - sottolinea la Cgil - ci troviamo di fronte a storie tristi di lavoro sottopagato, part time che in realtà dura dieci o dodici ore, lavoro sommerso, mancanza di sicurezza a causa di un’assenza totale di formazione dei lavoratori, sfruttamento e contratti atipici che nascondono lavoro subordinato». Dunque non si può pensare solo all’aspetto piacevole e divertente, ma bisogna che tutti gli attori coinvolti nel settore turistico riflettano.
Il sindacato chiede agli imprenditori di creare le condizioni per una «buona occupazione» in modo da evitare il lavoro precario che peggiora le condizioni dei lavoratori demotivandoli, e di conseguenza anche le aziende subiscono un calo di qualità. «Bisogna investire nella formazione dei dipendenti e nella sicurezza se si vuole un miglioramento qualitativo - chiosano ancora - Le istituzioni da parte loro devono aiutare le aziende che rispettano il contratto collettivo nazionale di lavoro e anche quelle che per un difetto di competenze non riescono ad agganciare le opportunità che il CCNL offre in ambito di formazione del personale».
Solo con la collaborazione e partecipazione di tutti, parti sociali, enti locali e operatori del turismo a un tavolo di concertazione si potranno migliorare le condizioni di lavoro attuali e crearne di nuove per i giovani disoccupati e inoccupati. Solo quando il problema diventerà di tutti e non solo di pochi le cose potranno cambiare.
Mercoledì 12 ottobre 2011