Cos'è cambiato nella gestione del denaro dal medioevo alla prima grande guerra
Spaccato dell'Italia monetaria dalle Repubbliche marinare allo Scandalo della Banca romana fino alla fondazione dell'Iri nel racconto dell'imprenditore Roberto Fatano, titolare di Interfrutta, scrittore di un saggio scientifico dal sapore attuale
di Roberto Fonte
Se pensiamo a una “banca” che cosa ci viene in mente? Il luogo per mettere al sicuro i propri risparmi. Un intermediario spesso necessario per gestire i propri soldi. O nel peggiore dei casi, uno dei tanti poteri forti da cui stare lontano. Un tempo si chiamava Mario Monti: si diceva avesse formato il governo dei banchieri. Oggi si chiama Matteo Renzi, quello che in campagna elettorale partecipò a una cena dagli amici illustri. Ma c’è pure Corrado Passera, e lui sì che di banche se ne intende: da manager di Poste Italiane a numero uno di Intesa Sanpaolo, vuole cambiare l’Italia con risorse nuove. Intesa è la banca che ha finanziato la mega fidejussione di Silvio Berlusconi nel lodo Mondadori, lui che è amico di Ennio Doris, presidente di Mediolanum, e che un’inchiesta giornalistica diceva avere i soldi in Monte Paschi, e fino in Svizzera dov’è Banca Arner, istituto di credito d’oltralpe depositario dell’importante patrimonio di famiglia. L’ex presidente aveva il papà direttore di Banca Rasini, che forse non c’entra, se è vero, come dice, di aver creato il suo grande impero non per favori ricevuti, ma investendo il Tfr del padre per un’idea geniale. Ma questa è un’altra storia.
LA CONCESSIONE CREDITIZIA - Oggi le banche stanno vivendo un periodo di profondo cambiamento del loro ruolo nella società. Un ruolo che quasi ci riporta al passato, alle sue origini, alla storia del danaro che si è gradualmente sostituito al baratto, dando linfa a nuovi progetti di sviluppo, in cui la concessione del credito gestita da figure nuove viene anticipata da una valutazione attenta e parsimoniosa delle garanzie. Come mi racconta Roberto Fatano, amministratore delegato di Interfrutta, che proprio di questo parla nel suo secondo libro: “La concessione del credito. Storia delle banche dal Medioevo alla Prima guerra mondiale” (Milella). Il libro non è un romanzo storico, piuttosto racconta una verità oggettiva. Fa parte della collana “Pandemonium”, che vuol significare “sconvolgimento”, come qualcosa che si allontana dagli schemi e dagli stereotipi. Ogni lavoro della collana viene validato da un Comitato che ne attesta la scientificità (Anna Maria Colaci, Hervè A. Cavallera e Loris Sturlese, Università del Salento; Anna Ascenzi e Roberto Sani, Università di Macerata; Giuseppe Elia, Università di Bari; Michel Ostenc, Université d’Angers; Francesca Seaman, University DePauw; Anthony Julian Tamburri, Queens College City University New York).
SUL GOVERNO RENZI - A Fatano chiedo cosa pensa del governo Renzi, e lui mi dice che “il Jobs act va nella giusta direzione perché è slegato rispetto al passato e introduce elementi nuovi: la contrattazione di secondo livello, la contrattualistica territoriale, la flessibilità”. Un giudizio positivo che non è dettato da passioni ideologiche, ma dalle attuali esigenze del mercato, in cui a rischiare, dice, bisogna essere in due, e cioè non solo l’imprenditore, ma anche i lavoratori. Così è anche in Interfrutta, e nelle aziende controllate, in cui il sistema previgente è quello meritocratico, in cui ogni collaboratore viene adeguatamente selezionato, e talvolta premiato.
QUANDO NASCE LA BANCA - Il concetto di banca nasce ai tempi dei greci, con le città-stato, e dei romani con gli Argentari, i banchieri dell’antica Roma. Il “banco” altro non era che un lungo tavolo di legno in cui avvenivano gli scambi, fra gli acquirenti e i venditori, fra i debitori e i prestatori di denaro nei giorni del “mercato”. Cicerone racconta di aver citato dei prestatori di denaro in un contenzioso. Così Demostene, in Grecia antica, nei suoi scritti racconta degli “argentari” come di coloro che raccolgono gli argenti, i beni di valore. L’Impero Romano crollò a causa di una spending review ma soprattutto per non aver trovato finanziatori in grado di arginare le invasioni barbariche. Secondo i suoi studi, Fatano sostiene che se ci fosse stata una famiglia come quella dei Rothschild (che nel XVIII secolo in Europa aveva istituito il sistema bancario) probabilmente l’Impero Romano non sarebbe fallito. Se non altro “soldato” deriva da “soldo”, cioè colui che combatte in cambio di denaro. Con le invasioni barbariche l’involversi del sistema bancario si trascina a un ritorno al baratto, finché città-stato come Amalfi, Genova, Venezia, Pisa intorno al 1200, diventate Repubbliche marinare, maturarono l’esigenza di avere un proprio conio, di solito in oro o argento. Nasce così a Genova il primo banco pubblico: il banco di San Giorgio.
Per evitare la fuoriuscita illegittima di denaro bisognerà tuttavia aspettare tempi più maturi, quelli dei Comuni e delle Signorìe, con il sistema di banca moderna implementato da Lorenzo il Magnifico a Firenze. Coi Fugger, gli Strozzi, e i Pazzi, memorabili famiglie toscane, la cui idea di sistema bancario moderno era finalizzata a finanziare le Corporazioni, e quindi le arti e i mestieri, e l’arte sacra, come fece il senese ma romano d'adozione Agostino Chigi (colui che diede il nome a Palazzo Chigi, sede del governo). “Un sistema sano – racconta Fatano – finalizzato a finanziare lo sviluppo vero e non le rendite finanziarie”. Pare che il patrimonio in oro e gioielli di Chigi, paragonato alla sua epoca, fosse addirittura più alto di quello di Bill Gates. Chigi, nel periodo della Riforma, finanziò Giulio II “il papa guerriero”, Alessandro VI, Leone X. La Chiesa di Roma, che grazie agli oboli di fedeli e pellegrini, gestiva una massa di danaro enorme, a un certo punto della storia dovette essa stessa fare ricorso al credito. Questo flusso di denaro si interruppe quando in Germania con la riforma luterana si decise di bloccare questa emorragia. Calvinismo, luteranesimo, ma anche e soprattutto a seguito dello scisma anglicano di Enrico VIII si determinò una rottura definitiva fra la Chiesa anglicana d’Inghilterra e la Chiesa cattolica di Roma il cui atto finale nell’interruzione dei flussi monetari da Londra a Roma fu determinato dalla volontà del regnante inglese di divorziare da Caterina I di Spagna per sposare Anna Bolena. È il denaro a prendere il posto delle ideologie, coi dogmi superati da ricchezza e patrimonio: “È da adulti che abbiamo capito come gli accadimenti della storia siano in realtà connotati da interessi economici”, rivela Fatano.
IN ETÀ MODERNA, L’ITALIA PERDE IL SUO PRIMATO - Con la scoperta dell’America (1492) i commerci si spostano nel nord Europa, in Spagna e in Portogallo. L’Italia, da cui aveva avuto origine il metodo moderno della partita doppia, della contabilità del dare e dell’avere, perde il suo primato. Le grandi potenze finanziarie e creditizie si spostano in Inghilterra. Elisabetta I, figlia di Enrico VIII, che in guerra sconfigge Filippo di Spagna, al primato politico fa seguire quello commerciale. Con la sua morte si crea una discontinuità nella finanza e nel credito, che quindi si sposta sulle famiglie ebree del nord Europa. Mayer Amschel Rothschild fa il cambiavalute nel ghetto di Amburgo. Ebbe dieci figli, cinque di loro furono dislocati in altrettante capitali europee. Un uomo velato da grandi contraddizioni e misteri: finanziò imperatori e re per farsi la guerra fra di loro.
UN AIUTO PER LE FASCE DEBOLI - Ma le banche nel Medioevo non avevano ancora trovato il loro autentico ruolo sociale. Sarà coi Monti di pietà, nati ad opera della Chiesa (tale fu per esempio il Monte dei Paschi di Siena), che il denaro cominciò ad essere prestato in cambio di qualcosa. A Siena come in Salento si possono trovare esempi memorabili: il frate Roberto da Lecce fondò a Salve il primo monte di pietà a supporto della povera gente, tanto da non pretendere alcun tasso d’interesse. Un analogo sistema mutualistico nacque nei primi dell’Ottocento con le cooperative, nell’obiettivo di aiutare i meno abbienti: gli istituti concedevano denaro in supporto alle nubende senza dote. In Italia, poi, dopo la prima guerra mondiale, furono le banche di credito cooperativo ad aiutare gli artigiani in difficoltà. Un modello, in realtà, ancora troppo rudimentale, privo di un vero sistema capitalistico, in cui il credito era gestito da diversi soggetti che lo mettevano a disposizione di tutti. Dall’età moderna all’età contemporanea, l’Italia frammentata del 1861 fotografa una situazione molto diversa da nord a sud, con uno Stato sabaudo inconsistente e un Regno delle due Sicilie molto, molto ricco, quest’ultimo con un avanzo di bilancio pari a cinque volte quello di tutti gli Stati italiani messi insieme. “La prima barca a vapore è dei cantieri di Napoli, l’olio lampante del Salento, precursore del petrolio, è quotato alla borsa di Londra. Il marsala, le arance della Sicilia e le uve della Puglia venivano esportate ovunque” sottolinea l’autore del libro. La bilancia commerciale era in attivo, le esportazioni superavano le importazioni.
SE LE RISERVE SONO LIMITATE - In età contemporanea, gli alterni governi di Destra e Sinistra storica generarono la modulazione di moderne e più complesse crisi finanziarie. Quelle che portarono alle crisi dei giorni nostri, con corruzione, imbarazzo e sdegni dilaganti: è del 1880 l’inizio delle crisi più moderne. Quando con l’Unità d’Italia la capitale passò da Torino a Firenze e fino a Roma, tutti gli uffici pubblici e in particolare quelli ministeriali migrarono. Molti imprenditori del settore edile maturarono forti interessi e cominciarono a costruire a dismisura palazzi e residenze indebitandosi nei confronti della Banca romana. Si stampò una quantità enorme di carta moneta, e molti politici fra cui Francesco Crispi (che fu presidente del Consiglio) furono agevolati con la collaborazione di sedicenti giornalisti. Il credito fu concesso a chi non ne aveva diritto. Il denaro contante non poteva superare quello delle riserve auree e dopo il crack si capì che non potevano essere tutte le banche ad avere il potere di conio di nuova moneta, tanto che nacque la Banca d’Italia. Il successo delle banche come oggi le intendiamo trovò il suo sfogo con l’esordio della Banca commerciale e del Credito italiano, costituiti da banchieri di origine ebrea e nazionalità austriaca. Le banche moderne con la concessione del credito determinarono il successo di grandi gruppi industriali quali Ansaldo, Pirelli, Ilva e fino al settore dell’auto che cominciò a raccogliere i suoi primi frutti.
DALLA GRANDE GUERRA AI GIORNI NOSTRI - Siamo nel 1900. Con la Prima guerra mondiale l’industria degli armamenti si indebitò fortemente nei confronti del sistema bancario. E siccome le armi potevano essere acquistate da un solo cliente, lo Stato per l’appunto, le banche si limitarono e non chiesero garanzie. Ma la guerra e i drammatici insuccessi dell’Italia declinarono lo Stato a soggetto insolvente e le industrie degli armamenti fallirono a tal punto da determinare a catena la rovina di una parte del sistema bancario. Tant’è che Mussolini, avveduto sul piano tecnico, dovette correre ai ripari e ingaggiare professionisti quali Alberto Beneduce e Donato Menichella per fondare l’Iri, Istituto per la ricostruzione industriale. L’Italia fu ricostruita con l’emissione di obbligazioni a cinquant’anni garantite dallo Stato. Col credito raccolto si riuscirono a sanare i settori industriale e degli armamenti e a contenere un disastro annunciato.
E a proposito del ventennio fascista, Fatano in questi giorni sta concludendo la sua nuova fatica (La politica economica di Mussolini dalla marcia su Roma (1922) al 25 luglio 1943, Milella). A conclusione della nostra conversazione gli chiedo com’è oggi il sistema Italia, e lui mi risponde che ci sono due tipi di finanza, quella sana (cambi e valute) e quella malata (swap e derivati) su cui sofferma la sua attenzione: “È un’ingegneria finanziaria – dice – fatta esclusivamente per i più esperti, in cui necessariamente c’è qualcuno obbligato a farsi male”. E in tutto questo lo Stato dov’è? In un contesto variegato e globale come quello attuale, lo scenario è fatto di lobby che deficitano nel fare gli interessi del popolo. Il sospetto è che fra i paesi più ricchi ci sia un disegno mondiale, silenzioso, intoccabile, il cui ipotetico declino porterebbe inevitabilmente alla fine di tanti affari.
Domenica 22 febbraio 2015