Miggiano | le attenzioni dei magistrati non si sono soffermate solo sulla famiglia
Per loro l'accusa è quella di cooperazione in omicidio colposo La famiglia ritiene che il bimbo abbia raggiunto l'ospedale quand'era ancora vivo. I medici soccorritori, invece, sostengono che il bimbo sia morto prima
LECCE | Luca Monsellato non è morto per soffocamento. Il bimbo di quattro anni giovedì sera è morto a seguito di una influenza curata solo con farmaci naturali. È questo il resoconto dell’autopsia, eseguita dal medico legale Alberto Tortorella, che ha preso parte all’esame autoptico che si è tenuto nel pomeriggio di sabato nell’ospedale «Vito Fazzi» di Lecce. Il bimbo di quattro anni viveva con la famiglia, il padre omeopata (che è medico presidente onorario dell’Amos, l’accademia nazionale di medicina omeosinergetica) Luigi Marcello Monsellato e Giovanna Pantaleo (impiegata in un’azienda di famiglia), ora sono iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo causato da omissioni di cure. Insieme a loro, a essere indagati sono anche tre medici (Giacomo Russo, 39 anni, di Tricase, medico del pronto soccorso, Adele Civino, 45 anni, di Lecce, pediatra, e Ilaria Masciullo, 34 anni, di Tricase, anestesista), che sono assistiti dagli avvocati Luigi Covella e Donato Mellone.
L’ESAME AUTOPTICO | Assieme al dottor Alberto Tortorella, nella sala del Vito Fazzi c’era pure il pediatra Leopoldo Ruggiero. Tuttavia il quadro clinico è risultato poco chiaro, infatti si parla di un’infezione settica del tratto respiratorio oltre che di uno stato di deperimento generale, quello appunto del bimbo, così com’è stato visto dai sanitari operativi nel pronto soccorso al momento del suo arrivo in ospedale. Ad ogni modo pare che il bimbo non sia morto per soffocamento, ma per una grave crisi respiratoria dovuta a cause naturali. Tuttavia bisogna attendere l’esito degli esami istologici. Marcello Monsellato e la moglie Giovanna hanno ritenuto di nominare un professionista di parte, Roberto Vaglio, anche lui di professione medico legale. Le altre tre parti indagate hanno nominato, invece, Daniela Vantaggiato e Franco Faggiano.
L’ESPOSTO | I coniugi Monsellato hanno presentato presso il comandante della stazione dei Carabinieri di Specchia, Pasquale Erriquez, un esposto in cui si denuncia, sostanzialmente, il grave ritardo (pressappoco 25 minuti) dell’ambulanza del pronto intervento chiamata al 118. I genitori, infatti, la chiamata l’hanno inoltrata alle 5 di giovedì mattina, ma l’autoambulanza non è arrivata se non in prossimità delle 5,25. Ovviamente, di sicuro c’è il momento della chiamata, ma non l’arrivo, che invece gli inquirenti dovranno accreditare.
IL RITARDO, LA SCELTA DI AVVIARSI CON L’AUTO | Per il ritardo, presunto, dell’ambulanza a casa della famiglia Monsellato, i due coniugi hanno ritenuto di procedere autonomamente verso l’ospedale, mettendosi in auto e recandosi alla volta dell’ospedale «Cardinale Giovanni Panico». Arrivati all’ingresso, hanno poi spiegato aver trovato solo un infermiere, che solo successivamente avrebbe avvertito il medico di turno.
LA TISANA | Secondo quanto stabilito dal medico legale Tortorella, come detto, il piccolo sarebbe morto per una insufficienza respiratoria. Ma non si capisce cosa possa avergli causato il blocco. Può darsi qualcosa di naturale, cioè una malattia virale, o forse una polmonite. Ipotesi. C’è poi da dire che sarebbe arrivato, pare, in ospedale già morto.
DENUTRITO E MAL CURATO | All’arrivo del piccolo Luca in ospedale, i medici hanno constatato il suo stato denutrito e con ecchimosi alle gambe. Era poi smagrito, a causa di un’influenza che lo aveva debilitato e che lo aveva portato verso complicazioni gastrointestinali. Il padre lo aveva curato con la medicina alternativa.
L’INTERROGATORIO DAVANTI AL MAGISTRATO | Il dottor Monsellato e sua moglie Giovanna sono comparsi, a turno, e sotto la tutela del difensore Alfredo Cardigliano, davanti al magistrato titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Alberto Santacatterina, che li ha ascoltati negli uffici della Procura separatamente. Al magistrato i genitori hanno raccontato che il figlio fosse arrivato in ospedale vivo (questo farebbe ricadere la responsabilità su una qualche mancanza dei medici e del servizio di pronto soccorso), mentre per i medici il bimbo era già morto (questo li scagionerebbe). Fatto sta che, per circa un’ora, si è andati avanti con i tentativi di rianimazione. Ma come si sa, invano.
Sabato 22 ottobre 2011